Anni prima dell’assalto del 7 ottobre 2023, i leader di Hamas avevano pianificato un’ondata molto più aggressiva di attacchi terroristici contro Israele che prevedevano anche l’abbattimento di due grattacieli di Tel Aviv in stile 11 settembre. Secondo documenti del gruppo sequestrati dall’esercito israeliano di cui il Washington Post ha preso visione, Hamas intendeva attaccare utilizzando treni, navi e e persino carri trainati da cavalli coinvolgendo i suoi alleati – Hezbollah e l’Iran -per un assalto coordinato contro Israele da nord, sud ed est, come ha già rivelato il New York Times.
Secondo i documenti del 2021, pubblicati dal Washington Post, il leader di Hamas Yahya Sinwar aveva fatto appello a diversi alti funzionari iraniani – tra cui il leader supremo iraniano Ali Khamenei – per una ulteriore assistenza finanziaria e militare chiedendo all’Iran di trasferire loro 500 milioni di dollari insieme alla formazione di altri 12mila militanti di Hamas. L’appello era stato inviato, tra l’altro, anche a Ismail Qaani , comandante della forza Quds delle Guardie rivoluzionarie, ora sospettato di tradimento.
Restano sotto il fuoco incrociato tra Israele e Hezbollah le forze di interposizione dell’Onu nel sud del Libano. L’Unifil ha fatto sapere che un altro casco blu, cittadino indonesiano – il quinto in due giorni – è stato ferito da colpi di arma da fuoco nella notta etra venerdì e sabato, colpito da un proiettile di “origine non ancora determinata” mentre era in corso un’azione militare non lontano dal quartier generale a Ras al Naqoura.
Già giovedì e venerdì, i peacekeeper – 10mila in tutto di cui oltre mille italiani – avevano reso noto che quattro di loro, indonesiani e dello Sri Lanka, erano stati feriti; di questi due sicuramente in seguito a un attacco delle truppe israeliane. Non si arresta intanto la pioggia di fuoco di Hezbollah verso il nord di Israele e non solo. L’esercito dello Stato ebraico ha fatto sapere che tra la vigilia di Yom Kippur e la giornata di sabato le milizie sciite legate all’Iran hanno tirato contro Israele ben 320 tra razzi, droni e missili arrivando a distruggere un palazzo ma senza causare vittime. Sugli attacchi a Unifil è tornato il vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani affermando che l’Italia vuole “sapere se è stata una scelta politica o di militari sul terreno. I militari non sono terroristi di Hezbollah e noi siamo amici di Israele. Aspettiamo risposte dall’inchiesta israeliana. I militari italiani non si toccano”, ha ribadito.
Da Bruxelles diverse fonti hanno affermato che i “tentativi” per arrivare ad una dichiarazione a 27 di condanna per gli attacchi di Israele alle postazioni Unifil “sono in corso” ma non sono ancora “completi”. Dal canto suo, il portavoce delle forze delle Nazioni Unite in Libano, Andrea Tenenti, ha ricordato parlando con l’Afp che “le forze israeliane hanno chiesto al contingente di lasciare le posizioni lungo la Linea Blu, dal confine con Israele fino a cinque chilometri verso nord, ma c’è stata una decisione unanime di rimanere, perché la bandiera Onu deve sventolare in questa zona”, ha detto. E ha espresso profonda preoccupazione per la possibilità di arrivare a un “conflitto regionale con conseguenze catastrofiche per tutti”. Un’eventualità alimentata dalle azioni dell’Idf che ha chiesto l’evacuazione agli abitanti di ulteriori 22 villaggi nel sud del Libano indicando di spostarsi nelle zone a nord del fiume Awali. Il portavoce in lingua araba dell’esercito ha lanciato inoltre un appello agli operatori sanitari e ai team medici che operano nella zona per evitare di utilizzare le ambulanze nell’area, affermando che i miliziani di Hezbollah le usano per i loro spostamenti e l’Idf colpisce qualunque veicolo con uomini armati. Nonostante questo, dalla zona dove sono in corso i combattimenti, nel Libano meridionale, Hezbollah ha lanciato contro Israele 320 ordigni negli ultimi due giorni. Venerdì sera, quando era cominciato da poco Yom Kippur, il giorno più sacro del calendario ebraico, diversi boati si sono sentiti a Tel Aviv: due droni erano stati tirati dal Libano, di cui uno è stato abbattuto mentre l’altro ha colpito un condominio a Herzliya, a nord della città. In una dichiarazione rilasciata in serata, l’Idf ha tracciato un nuovo bilanci delle sue azioni. Le forze israeliane hanno ucciso decine di miliziani Hezbollah e di Hamas a Gaza durante lo Yom Kippur, in un totale di 280 attacchi, di cui oltre 200 in Libano. I commando hanno inoltre eliminato 50 membri dell’organizzazione sciita in “scontri corpo a corpo”.
Nella Striscia, le truppe hanno ucciso oltre 20 combattenti a Jabaliya e diversi terroristi nel centro e nel sud di Gaza. Cifra confermata dal servizio di soccorso dell’enclave ma senza specificare se si trattasse di uomini armati. Dal New York Times sono arrivate nel frattempo nuove rivelazioni sul massacro del 7 ottobre. Il giornale ha ottenuto documenti sequestrati dall’Idf a Gaza secondo cui Hamas aveva pianificato di lanciare l’attacco contro Israele già nell’autunno del 2022, ma lo rimandò nel tentativo di convincere l’Iran e Hezbollah a unirsi all’invasione. Anche l’allora capo politico di Hamas Ismail Haniyeh, ucciso a luglio a Teheran, era stato informato del grande progetto.
‘Colpiti dagli hacker’, giallo sull’annuncio dall’Iran
(di Luca Mirone ) La notizia, diffusa da una fonte sulla carta autorevole del regime, non ha avuto conferme ufficiali, ma è comunque il segnale dello stato di massima allerta in cui vive l’Iran in vista di un attacco israeliano che viene considerato imminente.
La Repubblica islamica, secondo l’ex capo della cybersicurezza interna, ha subito un attacco hacker “senza precedenti” contro tutti i livelli delle istituzioni, fino agli impianti nucleari, con un significativo furto di informazioni. La stessa fonte non ha precisato quando questo attacco sia avvenuto e con il passare delle ore l’assenza di conferme ha alimentato il giallo su questo annuncio. L’unica cosa certa, al momento, è che a Teheran da giorni ci si prepara alla rappresaglia dello Stato ebraico per i missili lanciati il primo ottobre. Una rappresaglia che certamente arriverà e che sarà “letale, precisa e sorprendente”, come ha annunciato recentemente il ministro della Difesa Yoav Gallant. A rivelare questa presunta maxi-violazione della sicurezza nei gangli del potere iraniano è stato Abolhassan Firouzabadi, ex segretario del Consiglio supremo del cyberspazio. “Il governo, la magistratura e il parlamento sono stati colpiti da pesanti attacchi informatici e le loro informazioni sono state rubate”, ha affermato Firouzabadi, secondo quanto riportato dal canale tv basato a Londra Iran International. “Sono stati presi di mira – ha aggiunto – anche i nostri impianti nucleari, così come reti per la distribuzione del carburante, reti municipali, reti di trasporto, porti e settori simili”. Per il funzionario questi target sono “solo una parte di una lunga lista di varie aree in tutto il paese che sono state attaccate”.
Dalle autorità di Teheran non sono arrivati commenti, né da Israele è filtrato nulla. Ma nel regime degli ayatollah i riflettori restano puntati sul nemico di sempre, che dopo aver quasi smantellato Hamas a Gaza e aver inferto colpi durissimi a Hezbollah in Libano, appare intenzionato a regolare i conti anche con il Paese leader dell’asse sciita. Proprio l’ipotesi di un cyberattacco è emersa sottotraccia come una delle possibili opzioni valutate da Israele. E le parole pronunciate da Gallant nei giorni scorsi, secondo cui la rappresaglia sarebbe stata “sorprendente”, tale da non fare capire al nemico “cosa è successo e come è successo”, potrebbero suggerire un’operazione che non preveda l’uso di bombe o missili lanciati dai caccia. Ancora non è chiaro se il governo Netanyahu abbia delineato nei dettagli il piano di attacco, ma gli Stati Uniti hanno esortato con forza l’alleato a non prendere di mira i siti nucleari e i giacimenti petroliferi iraniani. Per scongiurare impatti economici e ambientali negativi per l’intera regione. Un’altra opzione che resta sul tavolo è quella di raid contro postazioni militari iraniane, magari le basi da cui sono stati lanciati i missili contro lo Stato ebraico. Da quel primo ottobre sono passati 11 giorni, che sono stati utilizzati da Israele per logorare l’Iran con l’attesa.
Obiettivo raggiunto: funzionari a conoscenza del dossier hanno rivelato alla Cnn che il governo di Teheran appare estremamente nervoso e si è impegnato in frenetici sforzi diplomatici con i paesi del Medio Oriente perché convincano Israele a ridurre la portata del suo attacco. Nel frattempo, il regime stringe le maglie per evitare colpi a sorpresa. L’aviazione civile ad esempio ha vietato ai passeggeri di portare a bordo cercapersone e walkie-talkie: proprio quei dispositivi che gli israeliani avevano fatto saltare in aria in modo simultaneo uccidendo decine di esponenti di Hezbollah in Libano. A dimostrazione che lo Stato ebraico ha i mezzi per abbattere i nemici, senza dover sempre ricorrere ai jet o alle truppe.
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