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C’è un momento indimenticabile in La la land,quando Emma Stone e Ryan Gosling vengono risucchiati in un’ascensione laica verso il firmamento, ballando come Ginger Rogers e Fred Astaire. Non esiste, a mio avviso, un film più stellare di questo: racconta di una coppia di giovani che sognano di diventare stelle del cinema e della musica nella città dello star system, Los Angeles. I momenti topici avvengono nel planetario, l’Osservatorio Griffith, e la canzone (premiata all’Oscar), canticchiata dal jazzista Seb (Gosling), si chiama City of stars. La la land, insomma, perde polvere di stelle da ogni rivolo, a partire dall’eccellente colonna sonora di Justin Hurwitz, la cui musica ancora oggi ci fa tamburellare le dita nelle attese ai risponditori automatici. Di stelle indubitabilmente si voleva occupare Damien Chazelle, che ha dato l’abbrivio alle riprese di questo musical, campione di incassi e di Oscar, proprio il dieci agosto, il giorno di San Lorenzo.
Per chi scrive, La la land non è stato quel colpo di fulmine che ha colpito la grandissima maggioranza degli spettatori. A parte l’adrenalinica scena iniziale sulla tangenziale in cui il traffico scoppia in un ballo irrefrenabile, il legame tra due ragazzi che prediligono l’affermazione professionale all’amore (roba ormai da generazione X, perché la generazione Zeta non se lo sogna nemmeno) mi aveva un poco annoiato, anche se aveva messo ancora più in rilievo il talento selvatico e irrefrenabile di Emma Stone (Mia) e quello sogghignante di Gosling, già adorato per Drive di Nicolas Winding Refn. Ma vedere l’anno scorso girare per il Lido di Venezia Chazelle in pantaloni corti e flip flop per fare la fila a un chioschetto all’aperto, soffiando il naso a uno dei figli appesi al collo, lo ha catapultato in un personale pantheon di stelle. Sentire poi la travolgente passione con cui ha raccontato la tenacia di essere riconosciuto e accettato da Hollywood in maniera inscindibile dall’amicog Hurwitz, quando erano due scalzacani (come Mia e Seb) che sognavano di fare il cinema, ha confermato il detto per aspera ad astra. Più di La la land per me stellari sono Chazelle e Hurwitz, il loro cinema fatto di sogni, di scale salite faticosamente con una stoffa che non ammetteva respingimenti definitivi.
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A parte i film “astronomici”, da Interstellar a Gravity, è dura stanare pellicole in cui si veda una bella stellata. Per esempio, la scena “sotto le stelle” di Gioventù bruciata – che poi è il film che andranno a vedere Seb e Mia, innamorandosi – non ha un briciolo di luci: lo sfondo attorno a James Dean e Natalie Wood è tutto nero. Nella mia immaginazione pensavo anche che quando Sandy (Olivia Newton-John) respinge fieramente le avances in auto di Danny Zuko (John Travolta) al drive-in in Grease, quest’ultimo si sdilinquisse sconsolato sotto una via lattea fittissima. E invece, anche qui, memoria fallace e comunque farlocca, lui si sgola d’amore dietro a un grande schermo, o al massimo a nubi di fumo e altalene, ma di astri neanche l’ombra.
Nei mie ricordi, quando si impenna con la bicicletta nella notte con il piccolo umano nel cielo blu, Et passava sopra una pletora di costellazioni. E, invece, c’è solo una lunona piena: le stelle arriveranno alla fine, ma nel marchio Universal, produttore e distributore della pellicola. Per rimanere in area Spielberg, stelle cadenti appaiono ne Lo squalo durante la tremebonda vigilanza in barca sull’animale. Un astro cadente si era inserito per caso durante le riprese e, da quella occasione fortuita, il regista ha deciso di aggiungere altre comete lucenti in post produzione per rafforzare il tocco poetico della lotta umana contro l’ignoto.
Una stella cadente meno inquietante c’è in Troppa grazia di Gianni Zanasi, dove una Alba Rohrwacher in stato di grazia, per l’appunto, ricorda di aver visto da bambina un astro di dimensioni colossali cadere vicino al prato dove sedeva con la madre. Verità o leggenda? (Per scoprirlo basta andare su Rai Play). A proposito di memoria “a comando”, anche quando Philip Noiret in Nuovo cinema paradiso gira il proiettore per illuminare le pareti delle case nella piazza del paese, regalando la visione del film a chi era rimasto fuori dalla sala, le stelle non ci sono, ma quella è la scena per antonomasia in cui si identifica ogni cinema estivo sotto le stelle.