5) La fase autorizzativa finale
E quindi, soltanto dopo l’approvazione definitiva della Cnai, sarà avviata la procedura per acquisire eventuali manifestazioni di interesse da parte di Regioni ed Enti locali. «La procedura di individuazione del sito sarà finalizzata dopo ulteriori indagini tecniche, confronti con le amministrazioni locali e l’ultimo parere vincolante dell’Isin, l’autorità indipendente per la sicurezza nucleare e la radioprotezione. A quel punto si aprirà la fase autorizzativa finale, che comprenderà la valutazione di impatto ambientale (Via) e il rilascio dell’autorizzazione unica per la costruzione e l’esercizio del Deposito Nazionale», ha detto Pichetto Fratin.
6) Quando potrebbe entrare in servizio
Solo dopo tutti questi passaggi e sempre che tutto proceda senza intoppi, «si potrà ottenere l’autorizzazione unica per il Deposito Nazionale nel 2029, con la messa in esercizio prevista entro il 2039», ha precisato il ministro. Tempi che possono sembrare lunghi, ha detto, «ma voglio sottolineare che la complessità del progetto e le esigenze di sicurezza richiedono un approccio estremamente cauto e rigoroso».
7) Perché questo dossier genera «levate di scudi»
Il tema del deposito nazionale è estremamente divisivo e, come ha ricordato anche Pichetto, il solo evocarlo ha provocato e provoca sempre «grandi levate di scudi», come se fosse qualcosa, ha detto ancora il ministro, «di cui non vogliamo occuparci perché molto distante da noi, legato ad un passato di produzione nucleare di cui vogliamo sbarazzarci anche solo nella memoria, come se fosse una quesitone che non ci tocca quotidianamente. È importante invece ricordare che, senza uno o più depositi di rifiuti radioattivi, non potremo più usufruire neanche di tante terapie e diagnosi mediche che utilizziamo quotidianamente».
8) Le soluzioni alternative
A tal proposito, Pichetto Fratin ha ricordato che si stanno valutando soluzioni alternative, con pari livello di sicurezza, «sulle quali stiamo effettuando le opportune analisi preliminari con la Sogin e l’ISIN (l’Ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare e la radioprotezione)». Una di queste quella di ammodernare e ampliare i diversi depositi di rifiuti radioattivi, dalla bassissima attività (compresi i rifiuti medicali) fino all’alta attività, incluso il combustibile nucleare esaurito, già esistenti in Italia.
9) Quanti depositi ci sono attualmente in Italia
Ce ne sono 100 distribuiti tra 22 siti perché, come ha ricordato lo stesso titolare del Mase, «In Italia si producino dai 300 ai 500 metri cubi di rifiuti medicali di bassa e media attività l’anno». Spesso, ha precisato, si tratta di strutture, presenti al Sud, al Centro e al Nord, isole comprese, con le quali il territorio convive da molti anni e che in alcuni casi necessitano semplicemente di un ammodernamento in termini strutturali e tecnologici.