Un affresco perfetto, quello di una New York in crisi tra gli anni Sessanta e i Settanta, con una poderosa ripresa economica negli Ottanta. Un ritmo che fa passare senza noia le oltre due ore in sala, con uno script efficace e l’interpretazione da manuale di attori che non perdono un colpo.
“The Apprentice – Alle origini di Trump”
In particolare, uno strepitoso Jeremy Strong nel ruolo di Roy Cohn, il mentore di Donald J. Trump, oltre naturalmente a uno straordinario Sebastian Stan in quello del magnate. Candidato per la terza volta alla presidenza degli Usa il prossimo 5 novembre, di certo “Don” non poteva prendere bene il film del regista Ali Abbasi, presentato in anteprima lo scorso maggio a Cannes.
Perché, seppur meno aggressivo di quanto si possa pensare, The Apprentice – Alle origini di Trump è un crescendo di situazioni in cui il self-made-man del settore immobiliare, alla esasperata ricerca di affermazione come re della Grande Mela, parte con una marcia bassa (non beve, non fuma, pare quasi un pesce fuor d’acqua tra gli squali delle speculazioni edilizie di cui lui sarà il numero uno) per diventare in pochi anni il personaggio più importante e controverso dell’epoca.
Fino alla sua incredibile ascesa culminata con la presidenza degli Stati Uniti il 20 gennaio 2017. E alla successiva, e mai accettata, sconfitta alle presidenziali del 2021 e la candidatura che a breve dirà se Trump sarà nuovamente il capo di una nazione fortemente divisa, anche per lo stile molto aggressivo del magnate.
Il film debutta nelle sale italiane il 17 ottobre
Il film – distribuito nelle sale l’11 ottobre in America, il 17 in Italia – visto da noi in anteprima e che si è guadagnato una standing ovation di otto minuti al debutto al Festival di Cannes, così come il protagonista divide tra chi lo trova obiettivo e calzante e chi, a iniziare ovviamente dal portavoce di Trump Steven Cheung, minaccia azioni legali definendo la pellicola “spazzatura di pura finzione che sensazionalizza bugie. Come nel caso del processo illegale a Biden, si tratta di un’interferenza elettorale da parte delle élite di Hollywood, che sanno che il presidente Trump riconquisterà la Casa Bianca e batterà il loro candidato preferito perché nulla di ciò che hanno fatto ha funzionato”.
Un ritratto drammatico
Certo, nella seconda parte il film ha un crescendo in cui presenta scene poco lusinghiere dove Trump assume anfetamina, si sottopone a liposuzione, si fa operare per eliminare la calvizie e, peggio, getta violentemente a terra l’allora moglie Ivanka (non eccelsa l’interpretazione di Maria Bakalova) per poi costringerla a un rapporto non consensuale… Ma il regista si è sempre detto convinto che il candidato del Partito Repubblicano apprezzi la drammatizzazione dei suoi giorni di gloria nel settore immobiliare.
Una parte nel film certo molto avvincente, tanto che il critico cinematografico capo di Variety, Owen Gleiberman – pur non del tutto convinto della riuscita globale del film – ha elogiato le interpretazioni centrali di Stan e Strong, e commentato: “Nella prima metà, The Apprentice è un colpo di fulmine, lo sguardo sull’evoluzione di Trump che molti di noi hanno immaginato per tanto tempo, e vederlo in scena è convincente e avvincente”.
Perfetta sintesi dell’ascesa formidabile dell’imprenditore che decise di diventare un’icona, nel bene e nel male, sono le 3 regole del potere che, anche nel film, gli insegna il suo avvocato e maestro Roj: attacca, attacca, attacca; non ammettere mai nulla, nega sempre tutto; proclama sempre di avere vinto, non ammettere mai la sconfitta. Inutile dire che l’allievo ha ampiamente superato il maestro.
L’articolo Luci e ombre di Donald Trump: com’è il film sulla sua vita in uscita il 17 ottobre è tratto da Forbes Italia.
Un affresco perfetto, quello di una New York in crisi tra gli anni Sessanta e i Settanta, con una poderosa ripresa economica negli Ottanta. Un ritmo che fa passare senza noia le oltre due ore in sala, con uno script efficace e l’interpretazione da manuale di attori che non perdono un colpo.
“The Apprentice – Alle origini di Trump”
In particolare, uno strepitoso Jeremy Strong nel ruolo di Roy Cohn, il mentore di Donald J. Trump, oltre naturalmente a uno straordinario Sebastian Stan in quello del magnate. Candidato per la terza volta alla presidenza degli Usa il prossimo 5 novembre, di certo “Don” non poteva prendere bene il film del regista Ali Abbasi, presentato in anteprima lo scorso maggio a Cannes.
Perché, seppur meno aggressivo di quanto si possa pensare, The Apprentice – Alle origini di Trump è un crescendo di situazioni in cui il self-made-man del settore immobiliare, alla esasperata ricerca di affermazione come re della Grande Mela, parte con una marcia bassa (non beve, non fuma, pare quasi un pesce fuor d’acqua tra gli squali delle speculazioni edilizie di cui lui sarà il numero uno) per diventare in pochi anni il personaggio più importante e controverso dell’epoca.
Fino alla sua incredibile ascesa culminata con la presidenza degli Stati Uniti il 20 gennaio 2017. E alla successiva, e mai accettata, sconfitta alle presidenziali del 2021 e la candidatura che a breve dirà se Trump sarà nuovamente il capo di una nazione fortemente divisa, anche per lo stile molto aggressivo del magnate.
Il film debutta nelle sale italiane il 17 ottobre
Il film – distribuito nelle sale l’11 ottobre in America, il 17 in Italia – visto da noi in anteprima e che si è guadagnato una standing ovation di otto minuti al debutto al Festival di Cannes, così come il protagonista divide tra chi lo trova obiettivo e calzante e chi, a iniziare ovviamente dal portavoce di Trump Steven Cheung, minaccia azioni legali definendo la pellicola “spazzatura di pura finzione che sensazionalizza bugie. Come nel caso del processo illegale a Biden, si tratta di un’interferenza elettorale da parte delle élite di Hollywood, che sanno che il presidente Trump riconquisterà la Casa Bianca e batterà il loro candidato preferito perché nulla di ciò che hanno fatto ha funzionato”.
Un ritratto drammatico
Certo, nella seconda parte il film ha un crescendo in cui presenta scene poco lusinghiere dove Trump assume anfetamina, si sottopone a liposuzione, si fa operare per eliminare la calvizie e, peggio, getta violentemente a terra l’allora moglie Ivanka (non eccelsa l’interpretazione di Maria Bakalova) per poi costringerla a un rapporto non consensuale… Ma il regista si è sempre detto convinto che il candidato del Partito Repubblicano apprezzi la drammatizzazione dei suoi giorni di gloria nel settore immobiliare.
Una parte nel film certo molto avvincente, tanto che il critico cinematografico capo di Variety, Owen Gleiberman – pur non del tutto convinto della riuscita globale del film – ha elogiato le interpretazioni centrali di Stan e Strong, e commentato: “Nella prima metà, The Apprentice è un colpo di fulmine, lo sguardo sull’evoluzione di Trump che molti di noi hanno immaginato per tanto tempo, e vederlo in scena è convincente e avvincente”.
Perfetta sintesi dell’ascesa formidabile dell’imprenditore che decise di diventare un’icona, nel bene e nel male, sono le 3 regole del potere che, anche nel film, gli insegna il suo avvocato e maestro Roj: attacca, attacca, attacca; non ammettere mai nulla, nega sempre tutto; proclama sempre di avere vinto, non ammettere mai la sconfitta. Inutile dire che l’allievo ha ampiamente superato il maestro.
L’articolo Luci e ombre di Donald Trump: com’è il film sulla sua vita in uscita il 17 ottobre è tratto da Forbes Italia.