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Uno dei titoli più emozionanti della stagione: si può descrivere così “L’innocenza”, nuovo film di Hirokazu Kore-Eda, tornato a girare un lungometraggio in Giappone dopo una produzione francese, “Le verità”, e una sudcoreana, “Le buone stelle – Broker”.
Il rientro in patria ha fatto benissimo a Kore-Eda che, con questa pellicola, riesce a toccare quelle corde profondissime già raggiunte in passato con prodotti splendidi come “Father and Son” e “Un affare di famiglia”.
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Ambientato in una tranquilla cittadina nei pressi di un lago, “L’innocenza” ha come protagonista il piccolo Minato, figlio di una madre single molto affettuosa e altrettanto apprensiva. Un giorno il bambino torna da scuola e la donna si accorge che ha uno strano comportamento: a scuola c’è stata un momento di disordine che, in apparenza, sembra essere scaturito da una semplice lite tra bambini, ma in realtà nasconde qualcosa di molto più complicato. La madre di Minato intuisce che l’insegnante è responsabile e vuole indagare più approfonditamente.
Presentato in concorso al Festival di Cannes 2023, “L’innocenza” è un’opera in cui Kore-Eda torna ai temi fondamentali del suo cinema: dal rapporto tra genitori e figli a quello dell’infanzia, trattato con la consueta delicatezza da un regista che ha spesso posizionato la sua cinepresa ad altezza di bambino (si pensi anche in questo senso al potentissimo “Nessuno lo sa”).
Un’operazione coinvolgente che cresce alla distanza
L’evento centrale della narrazione viene raccontato seguendo diverse prospettive: si parte da quella della figura materna per passare poi a quella dell’insegnante, arrivando, infine, a quella del giovanissimo protagonista.