Aumentano le persone scomparse e proseguono gli arresti dei dissidenti. Cresce la paura nella comunità di italiani in Venezuela, dove la cosiddetta operazione ‘toc toc’ degli agenti del regime di Nicolas Maduro contro i suoi oppositori non risparmia nessuno, neppure i nostri connazionali che vivono nel Paese da decenni. Gli ultimi due casi sotto i riflettori delle autorità italiane riguardano due italo venezuelani di origini siciliane.
“Ma i casi sono tantissimi – sostiene Andrea Di Giuseppe, deputato di Fratelli d’Italia eletto all’estero -, i rastrellamenti sono un po’ ovunque. Chiedo alle ambasciate di aprire le porte a tutti loro e alle decine di persone che mi chiamano dico di rifugiarsi subito nei nostri consolati”. Si teme che Antonio Calvino, 46enne di origini siracusane, non ci sia riuscito. Ma secondo una ipotesi più probabile l’uomo potrebbe essersi nascosto in qualche luogo per lui sicuro, nel tentativo di evitare la rappresaglia. “Dal 9 agosto scorso non si hanno più tracce di lui, che – spiega il parlamentare – era un oppositore del governo, arrestato tre anni fa durante il Covid davanti al nostro consolato a Caracas per ‘incitamento all’odio’ con la presunta accusa di voler assaltare il nostro consolato e liberato lo scorso anno su pressione del nostro stesso governo. Ad avvisarci è stato il Comites degli italiani in Venezuela (organismo che si confronta con il consolato, ndr).
Chiunque si rifiuta di andare a casa sua e della famiglia per verificare di persona cosa sia successo, perché hanno paura loro stessi di ritorsioni. Per cui abbiamo denunciato la cosa al console”.
Di Giuseppe, il quale ricorda i racconti dei connazionali che telefonano chiedendo aiuto, descrive una situazione di terrore in Venezuela in questi giorni, dopo l’esito delle elezioni che hanno portato alla controversa riconferma di Maduro: “C’è gente che si nasconde ogni giorno in luoghi diversi, si tratta spesso di persone anziane che nella maggior parte dei casi hanno scarse risorse economiche. Mi dicono che gli agenti fermano le persone per strada e, se trovano commenti sgraditi sulle loro chat, li arrestano. Ormai passo più tempo a stargli vicino che a dar loro istruzioni”.
Un altro caso riguarda la messinese Rita Capriti, esponente del partito di opposizione ‘Primero Justicia’, che è stata prelevata dalle autorità locali nella notte tra l’1 e il 2 agosto e da allora è detenuta nella struttura carceraria di Caña de Azucar, a Maracay. Per lei le accuse sono di incitamento all’odio, terrorismo e resistenza a pubblico ufficiale. Il commissario Josè Dellacroiz, dirigente dell’istituto, assicura che la signora Capriti sarebbe isolata in una stanza, non è in cella ed è in buone condizioni di salute. “Ma non è stata consentita la visita della vice console onoraria, la quale nei prossimi giorni riproverà ad ottenere il permesso per incontrarla”, spiega la deputata regionale di Forza Italia, Bernardette Grasso, che esprime “profonda preoccupazione”. Il ministero degli Esteri sta seguendo il caso dall’inizio e il fratello della donna era già pronto a tornare in Sicilia ma è rimasto bloccato lì dopo l’arresto della sorella: “Speriamo – dice Tony Capriti – che tutto si risolva bene per lei. Siamo molto provati, nei prossimi giorni andrò a trovarla”.
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