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Carles Puigdemont è rientrato in Spagna, sette anni dopo essere fuggito all’estero per evitare il carcere. L’ex presidente della Generalitat catalana ha sfidato il mandato di arresto che ancora esiste a suo carico, ed è riuscito, senza essere fermato dalle forze dell’ordine, ad arrivare a Barcellona e a raggiungere il Passeig de Lluis Companys, dove Junts, il suo partito indipendentista, ha organizzato una manifestazione di benvenuto in suo onore. Poi è scomparso tra i suoi sostenitori evitando i controlli e i posti di blocco della polizia.
Il comizio a Barcellona: «Siamo ancora qui»
«Oggi sono arrivato qui per ricordare che siamo ancora qui: non abbiamo diritto a rinunciare, perché il diritto all’autodeterminazione è dei popoli», ha detto Puigdemont, rilanciando la causa separatista della Catalogna davanti a migliaia di sostenitori riuniti a poche centinaia di metri dal Parlamento catalano. «Oggi, molti pensavano di festeggiare il mio arresto – ha continuato – e pensavano che questa minaccia ci avrebbe fatto desistere. Ma siamo ancora qui. Non so quanto tempo passerà prima che ci rivedremo, ma qualunque cosa accada spero che potremo gridare di nuovo: lunga vita alla Catalogna libera!».
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La fuga e il mandato d’arresto
Il leader indipendentista, 61 anni, era scappato all’estero nel 2017, dopo il referendum sulla secessione e dopo la dichiarazione unilaterale di indipendenza dell’Assemblea catalana, per sfuggire alla prigione e alla risposta durissima della giustizia spagnola contro i leader della stagione secessionista della Catalogna. Puigdemont è poi rimasto quasi sempre in un auto-esilio in Belgio, venendo anche eletto al Parlamento europeo.
Anche dopo la l’approvazione della legge di amnistia che ha cancellato le condanne e i processi a carico dei leader catalani (un provvedimento molto contestato dalle opposizioni ma negoziato e voluto dal governo spagnolo del socialista Pedro Sanchez in accordo con i partiti autonomisti della regione) per Puigdemont è rimasto in vigore il mandato di arresto legato all’utilizzo improprio d fondi pubblici. Mentre sono state annullate le imputazioni più gravi inclusa quella di sedizione.
La legge di «amnistia per la normalizzazione politica, istituzionale e sociale in Catalogna» ha annullato i procedimenti giudiziari e le condanne di centinaia di esponenti politici e attivisti catalani, coinvolti nella stagione secessionista, culminata con il referendum e la dichiarazione unilaterale di indipendenza del 2017. L’amnistia è stata concordata dal governo delle sinistre con i partiti indipendentisti regionali. Secondo la Corte Suprema spagnola non copre tuttavia reati come l’appropriazione indebita di fondi pubblici, se compiuta a scopo di lucro o se lede gli interessi finanziari dell’Unione europea. Per questo resta valido il mandato di arresto per Puigdemont, e per altri attivisti catalani come Toni Comin e Lluis Puig, ex collaboratori di Puigdemont, accusati di appropriazione indebita.