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Oltre mezzo miliardo di euro in poco meno di un decennio, destinati ai capitoli più sensibili per Bruxelles: la gestione dei flussi migratori e delle frontiere. Sono i finanziamenti che la Ue ha versato alla Libia dal 2014 a oggi, secondo quanto dichiarato al Sole 24 Ore da un portavoce della Commissione europea. La stessa fonte sottolinea che le risorse comunitarie non sono state «incanalate» dalle autorità libiche, ma «implementate» attraverso agenzie Onu, Stati membri e organizzazioni internazionali. Tra le iniziativa attivate compaiono programmi di rimpatrio dei «migranti vulnerabili» nel Paese d’origine e sostegno all’amministrazione della costa, lungo pacchetti di intese che ricalcano quelle siglate dai vertici comunitari con Tunisia (circa 1 miliardo di euro) ed Egitto (7,4 miliardi).
I rapporti fra Bruxelles e Tripoli, intesa come il governo di unità nazionale (Gnu) al potere nella capitale, si sono ravvivati e ampliati con l’ultimo Trans-Mediterranean Migration Forum, un vertice organizzato dal primo ministro ad interim Abdelhamid Dbeibah lo scorso 17 luglio. Fra gli ospiti di maggior peso la premier italiana Giorgia Meloni e, appunto, il vicepresidente della Commissione europea, Margaritis Schinas.
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Dove vanno i finanziamenti Ue a Tripoli
Il forum libico si è chiuso senza impegni finanziari aggiuntivi, ma ha rinsaldato il potere negoziale di Tripoli nei riguardi dei partner comunitari. L’ambizione conclamata del governo di unità nazionale è di «non pagare il prezzo» della crisi migratoria, un avvertimento che può interpretarsi come un pressing politico e sempre più economico su Bruxelles: l’urgenza di nuovi fondi e assistenza tecnica per il controllo delle frontiere.
Non sarebbe una novità, visto che il denaro comunitario è già confluito sul Paese. Secondo quanto evidenzia il portavoce della Commissione, la Ue ha stanziato fra 2014 e 2020 un totale di 465 milioni di euro sotto il cappello del suo EU Emergency Trust Fund for Africa. Nel dettaglio, dice la Commissione, la metà dell’importo si è declinata nel «supporto alla protezione di migranti e rifugiati», oltre a «un terzo per la stabilizzazione delle comunità nelle municipalità libiche» e «azioni per il controllo della frontiera». Una seconda tranche da 100 milioni di euro è stata mobilitata dai vertici Ue fra 2021 e 2023 nel perimetro del Neighbourhood, Development and International Cooperation Instrument – Global Europe (Ndici-Global Europe), un mix di strumenti finanziari pre-esistenti per agevolare le economie che «affrontano sfide nello sviluppo». Oltre la metà della somma, pari a 55 milioni, «è stata mobilitata per la protezione e la resilienza dei migranti». Altri 30 milioni hanno finanziato programmi di «re-integrazione dei migranti vulnerabili nei propri paesi di origine», attingendo a propria volta da un «programma regionale» da 60 milioni, mentre uno spicchio di 10 milioni è andato a favore delle istituzioni di controllo della frontiera.
Le leva della «crisi» migratoria
Ora, come scritto dal Sole 24 Ore, Dbeibah può giocarsi la carta negoziale della «crisi» migratoria in Libia, stretta fra i respingimenti dall’Europa e il «desiderio di migrare» delle persone che fluiscono nel Paese nordafricane. Le autorità governative dichiarano un totale di 2,5 milioni di «stranieri» nel Paese, con una quota di ingressi illegali che oscilla fra il 70 e l’80%. La gestione nel controllo dei flussi ha scatenato più di un allarme sulle violazioni dei diritti umani, in un clima di opacità alimentato dalla frammentazione interna del Paese e gli abusi denunciati in oltre un decennio di instabilità. Secondo l’Organizzazione internazionale per le migrazione, un’organizzazione legata all’Onu, le forze libiche hanno intercettato e riportato nel Paese oltre 15mila migranti solo fra gennaio e fine novembre 2023. Dopo il rientro in Libia, denuncia la Ong Human Rigths Watch, hanno subito «una detenzione arbitraria e indefinita», in «condizioni inumane», presso strutture «gestite dal governo di unità nazionale».