“Tassare” le banche che “negli ultimi due anni hanno quasi raddoppiato gli utili”. Parlare di “extraprofitti” è roba da “Unione sovietica”. Mentre il governo corre per chiudere entro martedì l’impalcatura della manovra da presentare a Bruxelles, Lega e Forza Italia non smettono di bisticciare sugli profitti di istituti di credito e grandi imprese, che dovrebbero in ogni caso essere chiamati a dare il loro “contributo”, ma “concordato” alla prossima legge di Bilancio. Risorse utili per una manovra complicata dalle nuove regole del Patto Ue di stabilità, così come quelle che dovranno arrivare dalla nuova tornata di spending review, nonostante le resistenze di più di un ministero.
Non tutte le coperture sarebbero ancora al loro posto anche se “siamo in dirittura di arrivo”, mostrano ottimismo nella maggioranza. Una mano, come ogni anno, dovrebbe arrivare dal decreto legge fiscale collegato, che gli scorsi anni è servito anche ad anticipare alcune spese per liberare risorse. Il provvedimento è in lavorazione e, secondo alcuni, potrebbe essere già pronto per approdare in Consiglio dei ministri martedì sera, quando sarà sul tavolo il Documento programmatico di bilancio, che contiene l’indicazione generale delle poste della manovra. Per il disegno di legge di Bilancio – con il dettaglio delle norme – bisognerà invece aspettare ancora qualche giorno, ma il ministro dell’Economia si è impegnato a inviare a breve il testo in Parlamento e un nuovo Cdm sarebbe già in programma per lunedì 21. Non sarebbero in agenda, almeno per ora, incontri di maggioranza per fare il punto prima dell’apertura della sessione di bilancio, che quest’anno partirà da Montecitorio.
L’anno scorso i parlamentari di maggioranza avevano il mandato di non stravolgere l’impianto della manovra, anzi, di non presentare proprio emendamenti. Difficile che lo schema si ripeta anche quest’anno – pure se l’appello a contenere le proposte di modifica viene ripetuto a ogni provvedimento – considerando anche le schermaglie tra alleati delle ultime settimane, compreso il tormentone degli extraprofitti. Bisogna “far pagare i banchieri, non gli operai”, dice il vicesegretario leghista Andrea Crippa ripetendo le parole di Matteo Salvini e sottolineando che il settore ha segnato in un biennio, grazie alla corsa dei tassi di interesse, un “+93%” di utili. Una insistenza che trova, subito, l’ennesimo altolà di Forza Italia.
“Con noi non ci saranno mai tasse sugli extra profitti delle banche”, ripete Antonio Tajani, puntualizzando che la manovra andrà discussa e concordata tra alleati. “Non sarà facile ma la dobbiamo scrivere tutti assieme. Non c’è uno che la scrive e gli altri che l’approvano”, scandisce il vicepremier e ministro degli Esteri, insistendo sul fatto che non si può “imporre una tassa in base al principio degli extraprofitti. Devono dare un contributo concordando con il Governo e dire come possono aiutare. Non deve essere per forza una tassa, può essere anche – il suggerimento del leader di Fi – una scelta di favorire per esempio più liquidità”. Insomma, come sintetizzano anche da Noi moderati, non può essere un contributo da chi ha avuto condizioni più favorevoli “non può essere un tabù” ma “una tantum e a certe condizioni”.
C’è poi, ricorda Tajani, il capitolo delle “spese inutili dei ministeri”, poco propensi, come di consueto, a tirare la cinghia come chiesto, in tutti i modi, da Giancarlo Giorgetti.
“Considerare la sicurezza un costo e non un investimento si è rivelato sbagliato” in passato, dice ad esempio il titolare dell’Interno Matteo Piantedosi. Ma sarebbero diversi i dicasteri, compresi quelli a guida leghista, che starebbero cercando di opporre resistenza alle forbici del Mef, nonostante l’alternativa dei “tagli lineari” messa chiaramente sul piatto da Giorgetti.
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