Prima fermata a Genova. In vista delle regionali di autunno, il campo largo sta superando senza problemi le prove dell’Emilia Romagna e dell’Umbria, con una coalizione che marcia compatta verso il voto. Ma in Liguria il convoglio fatica a tenere insieme tutte le carrozze. Carlo Calenda frena. E al tavolo di coalizione che si è riunito nei giorni scorsi mancava Italia viva.
Matteo Renzi sta spingendo per entrare, ma non ha trovato porte spalancate. M5s e Avs gli hanno posto una condizione: che Iv esca dalla giunta di centrodestra di Genova, guidata dal sindaco Marco Bucci. E anche nel Pd c’è chi la vede così: “Se vuoi stare nel centrosinistra – ha detto Gianni Cuperlo a La Stampa – non puoi partecipare a giunte di centrodestra, come a Genova o in Basilicata. Prima ne esci e poi si discute”. Italia viva risponde con la cautela. Aspetta di capire come si svilupperanno le trattative. Anche perché, per adesso l’aut aut su Genova è arrivato da alcune forze, ma ancora non è trasversale, non è una posizione ufficiale di tutte le forze della coalizione.
Al di là dei distinguo, la linea del Pd guidato da Elly Schlein è sempre stata “testardamente unitaria”. Comunque, al momento, Iv non pare disposta a fare passi indietro dalle maggioranze di cui fa parte: a Genova ha un assessore, Mauro Avvenente, e sostiene la giunta con due consiglieri. Malgrado Azione fosse seduta al tavolo genovese, la sua partecipazione alla coalizione non è blindata.
Il centrosinistra si sta confrontando sulla candidatura del deputato Pd Andrea Orlando, ex ministro del Lavoro. “Massima stima per Orlando”, ha detto Carlo Calenda al Corriere della sera, ma l’ingresso di Azione nell’alleanza “non è scontato”: prima vorrà vedere “il programma del candidato, chiunque sia”.
Perché per Calenda “senza un minimo di programma di governo” anche a livello nazionale “il campo largo non esiste”.
I nodi? “Dalla politica estera al superbonus – ha elencato Calenda – dalla transizione verde al salario minimo”. Sull’invio di armi all’Ucraina le posizioni sono diverse: M5s e Avs sono per il “no”, Pd e centristi per il “sì”. Il superbonus è rivendicato dal M5s e criticato da Azione e Iv. Iv non ha sottoscritto la proposta di legge sul salario minimo presentata da tutte le altre opposizioni. Pd, M5s e Avs hanno firmato per il referendum della Cgil contro il jobs act, una riforma simbolo del governo guidato da Renzi. C’è poi la giustizia, con Iv e Azione che considerano giustizialiste le posizioni del M5s e a volte pure quelle del Pd. Insomma, il cammino da fare è lungo.
Ma di passi ne sono già stati fatti. E significativi. Gli ultimi, appunto, In Emilia Romagna e Umbria. E poi c’è il referendum contro la riforma dell’autonomia, presentato dal campo largo compatto. Per il ministro Roberto Calderoli, il quesito sarà bocciato dalla Corte costituzionale: “Essendo l’autonomia regionale differenziata complessa e quindi disomogenea e collegata alla Legge di Bilancio – ha spiegato – il referendum abrogativo non dovrebbe essere ammissibile”. Duro il commento del capogruppo di Avs in commissione Affari costituzionali della Camera, Filiberto Zaratti: “Quella del ministro appare come un modo maldestro di influenzare la Corte stessa. Uno sgarbo istituzionale verso gli alti giudici costituzionali”.
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