Si allontana l’obiettivo di crescita fissato dal governo all’1% per quest’anno, e trovare le risorse per la manovra 2025 diventa sempre più complicato.
La doccia gelata sulle stime del governo arriva durante le audizioni sul piano strutturale di bilancio in Parlamento: per Bankitalia il Pil del 2024 si fermerà allo 0,8%, e anche per l’Ufficio parlamentare di bilancio l’obiettivo dell’1% diventa più incerto.
C’è il contesto esterno, con l’economia mondiale che si raffredda, e c’è la spinta propulsiva post Covid che in Italia si è esaurita. Il quadro indebolito pesa sulla composizione della manovra, e la Banca d’Italia avverte sulle prossime mosse: rendendo strutturali gli sgravi contributivi sul lavoro si mette a rischio l’equilibrio sulle pensioni. Il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ha sempre ritenuto “realistico” l’obiettivo dell’1%. Ma dopo la revisione dei conti economici trimestrali pubblicata venerdì scorso dall’Istat, la Banca d’Italia ha provveduto ad una “correzione meccanica” al ribasso di due decimi di punto percentuale, che comprime il Pil allo 0,8%.
Nell’audizione in Parlamento l’Istat spiega che l’Italia è tornata ad una crescita da zerovirgola. “Siamo tornati a una fase di stato stazionario o ‘steady state’ con tassi di crescita abbastanza contenuti che stentano a dimostrare la situazione di un’economia che si sviluppa in forma consistente”, ha detto il direttore per la contabilità dell’Istat, Giovanni Savio, spiegando come “si sono spente” alcune “spinte propulsive” post Covid, e “quindi dobbiamo attendere che ci siano altre forze” a spingere il Pil. Sergio Nicoletti Altimari, capo dipartimento economia e statistica della Banca d’Italia, prova a diradare le nubi parlando dei conti che in corso d’anno “mostrano un andamento incoraggiante”.
Ma non basta, e dunque “il programma delineato nel Psb non è esente da rischi”. Primo, perché il piano conta sulle maggiori entrate attese per il 2024, “con l’assunzione implicita che siano interamente permanenti”. Secondo, perché data “l’elevata incertezza” del quadro macro, “anche piccoli scostamenti dai piani di bilancio potrebbero rendere difficoltoso riportare” il deficit sotto il 3% nel 2026. Inoltre, invita a riflettere sull’intenzione di rendere strutturali gli sgravi contributivi sul lavoro: “Verrebbe meno l’equilibrio tra entrate contributive e uscite per prestazioni” che “caratterizza il nostro sistema previdenziale e ne rappresenta un punto di forza”.
Anche per la Corte dei Conti il governo ha davanti a sé un arduo compito. Il percorso del Psb è “impegnativo” e nella manovra “saranno necessarie scelte difficili sull’allocazione delle risorse”, spiegano i giudici contabili al Parlamento. Non si potrà fare a meno, però, di pensare alla sanità, perché per tagliare le liste d’attesa e i tempi al pronto soccorso è indispensabile investire “per superare le carenze di personale, soprattutto infermieristico, che rappresenta al momento il principale deficit”. Inoltre bisogna dare certezza e stabilità al settore della previdenza, “dopo gli interventi temporanei che lo hanno contrassegnato negli ultimi cinque anni”, cercando di “garantire una maggiore flessibilità in uscita”.
L’Upb punta il dito, oltre che sull’incertezza del quadro macro, anche sulla carenza di informazioni sulle coperture perché, al di là di 9 miliardi in deficit, il Psb fornisce solo indicazioni “generiche”. Gli enti locali, ancora non toccati da alcuna nessuna ipotesi di taglio per reperire risorse, mettono le mani avanti. Per i Comuni qualunque richiesta di contributo per il risanamento della finanza pubblica diventerebbe “estremamente gravosa”. Mentre le Regioni vogliono rassicurazioni sul tema “per ora congelato” della riduzione delle aliquote Irpef da 4 a 3, che avrebbe un impatto di circa un miliardo sull’addizionale delle regioni a statuto ordinario e di circa 400 milioni per quelle a statuto speciale. Dubbi ai quali risponderà domani il ministro Giorgetti che chiuderà il ciclo di audizioni sul Psb in Parlamento.
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