Sia Macron, sia il premier Gabriel Attal e il ministro dell’Interno, Gérald Darmanin, accorsi nel pomeriggio sul posto, hanno parlato subito di atto terroristico e di antisemitismo. L’inchiesta è stata immediatamente aperta dalla Procura antiterrorista. Per Attal, «si è sfiorato un dramma assoluto», l’attentatore aveva «un atteggiamento estremamente determinato», secondo le immagini della videosorveglianza. E avrebbe «incendiato diverse porte di ingresso alla sinagoga” e almeno due auto.
Secondo le immagini, che gli inquirenti stanno studiando nei minimi particolari, l’uomo aveva anche in mano bottiglie di plastica. «Abbiamo mobilitato ogni mezzo per ritrovare l’autore» dell’atto terroristico, ha precisato Darmanin.
Attal ha quantificato in «200 gendarmi e poliziotti» gli agenti impegnati nella caccia all’uomo nella regione dell’Hérault. Ed ha poi denunciato chi «attizza l’odio contro gli ebrei» con idee «confuse» che alimentano un «clima» ostile «ormai dal 7 ottobre». Ha poi espresso «indignazione, disgusto» per un atto che «ci scandalizza»: «i francesi ebrei sono stati presi di mira, attaccati a causa della loro fede, questo colpisce tutti i repubblicani nel nostro paese».
Attal, primo ministro dimissionario ma ancora in carica per gli affari correnti, come tutti i ministri del suo governo, ha poi ringraziato la polizia e i soccorritori per il loro intervento. L’agente rimasto ferito dall’esplosione non è in pericolo di vita. Perla Danan, la presidente del Consiglio rappresentativo delle istituzioni ebraiche (Crif) della regione, ha denunciato la «volontà di uccidere» di chi ha commesso l’attentato, sottolineando «l’enorme presenza di villeggianti» a La Grande-Motte.
Un concetto ribadito dal presidente nazionale del Crif, Yonathan Arfi, secondo il quale, «l’utilizzo di una bombola di gas in un’auto, all’ora in cui si è calcolato che i fedeli arrivano in una sinagoga, non è soltanto un incendio doloso, non un semplice atto contro un luogo di culto, ma un’azione con la volontà di uccidere».