Le guerre e i cambiamenti climatici
hanno effetti sempre più pesanti sull’economia internazionale, e
determinano una sensibile riduzione delle produzioni agricole,
una impennata dei prezzi al dettaglio anche del 20-30% nel giro
di un paio d’anni e un incremento della condizione di
“insicurezza alimentare” nelle popolazioni. A lanciare l’allarme
è la Società italiana di medicina ambientale (Sima) che ha
analizzato il fenomeno nel corso della prima conferenza
internazionale di medicina ambientale organizzata in
collaborazione con l’Università “Gabriele D’Annunzio” di
Chieti-Pescara.
L’escalation della crisi in Medio Oriente ha fatto salire le
quotazioni petrolifere del 6,5% in meno di tre giorni spingendo
così un aumento dei prezzi in tutti i settori e gli alimentari,
spiega Sima, erano già sotto pressione per gli effetti deleteri
delle ondate di calore e la siccità. Rispetto a 30 anni fa,
alcune produzioni alimentari hanno subito perdite enormi: in
media 69 milioni di tonnellate all’anno i cereali, 40 milioni la
frutta, 40 milioni lo zucchero, 39 milioni la verdura, per un
totale, solo per queste coltivazioni, che sfiora i 190 milioni
di tonnellate all’anno.
A tale situazione si aggiungono gli effetti delle guerre in
corso nel mondo – prosegue Sima – Ad esempio solo nelle aree
orientali dell’Ucraina, circa il 18% dei terreni agricoli dal
2022 non sono stati coltivati a causa del conflitto, con un calo
della produzione agricola tra il 2022 e il 2023 del 36% per il
mais, del 35% per il grano e del 10% per i semi e l’olio di
girasole. Le conseguenze si riflettono a cascata sulle
quotazioni internazionali dei prodotti agricoli e, quindi, sui
prezzi al dettaglio: in Italia tra il 2022 e il 2024 i listini
dei generi alimentari sono rincarati del 21,1%. Nel biennio
2022-2023 farina e cereali hanno subito rincari complessivi del
25,9%, la pasta del 30,7%, il riso del 43,6%, l’olio di semi del
45,8%.Minori produzioni, sottolinea ancora Sima, determinano
anche più fame nel mondo e più malnutrizione, soprattutto nelle
aree più povere del globo che sopravvivono grazie alle
coltivazioni a basso costo: ad esempio nella Striscia di Gaza,
secondo la ‘Famine Review Committee’, circa il 50% della
popolazione (1,1 milione di persone) si trova attualmente in una
condizione di gravissima insicurezza alimentare. In Sudan si
contano 25,6 milioni di persone in stato di severa insicurezza
alimentare, pari al 50% della popolazione, e ben 17 milioni in
Yemen, tutti territori caratterizzati da gravi conflitti in
atto. “Eventi meteorologici estremi e disastri naturali hanno
un effetto diretto sui sistemi alimentari, sulla produzione di
cibo e sui prezzi dei prodotti alimentari, così come le guerre”,
dice Marcello Iriti, responsabile sicurezza alimentare Sima e
professore all’Università di Milano. “Si tratta, indubbiamente,
di uno scenario estremamente complesso che richiede interventi
altrettanto complessi e articolati, soprattutto dal punto di
vista delle politiche estere, energetiche, economiche e
alimentari”.
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